Oggi ho bruciato un incenso speciale.
Era lì da circa 50 anni. Veniva dal primo viaggio di mio padre in India nel 1970.
Un profumo delizioso e delicato, ma anche avvolgente.
Quello stesso profumo che ha intriso la mia infanzia, tra le lezioni di yoga che teneva mio padre nell’Istituto Yoga proprio sotto casa nostra, e i cassetti stracolmi delle foto dell’India.
Sapevano di yoga, ma soprattutto di India, con tutto l’immaginario che abitava il mio fantasticare. L’ho sempre sognata, immaginata, gustata attraverso i racconti, le foto, le diapositive e, quotidianamente, con lo yoga che la portava in sé.
Nel mio immaginario tutto aveva un colore che andava dal rosa antico all’arancione, fatto di terra, polvere, vesti colorate, rovine, sculture, lo stesso colore che dominava le numerose foto di quei viaggi

Quel profumo.
Incensi così non ne ho più trovati, tutt’altra cosa da quelli che si trovano in commercio in giro per il mondo. Nemmeno in India li ho più trovati uguali, pur essendoci una scelta vastissima.
Mi riprometto però di cercarli nuovamente la prossima volta che mi recherò lì. Perché si, ormai sta diventando un richiamo quasi regolare. Ogni volta dico: basta, per un bel pezzo non ne voglio sapere. Eh si, perché è anche faticosa, soprattutto quando viaggio da sola. Ma poi, dopo poco dal rientro, scatta quel qualcosa che richiama, che tanti di noi sentono, chi per un luogo, chi per un altro.
Rincorriamo le sensazioni. Ci guida la nostalgia per ciò che sentiamo, per ciò che siamo in date circostanze, per come siamo in quei luoghi. Credo sia soprattutto questo che ci richiama.
E d’altronde nel mio caso penso fosse inevitabile, cresciuta tra quel riverbero.
Certo quella di adesso è un’altra India, non come quella delle foto vintage, dove tutto era genuino.
Ciò nonostante continua ad attrarmi, che sia per ciò che insegna la vita di lì, ad accettare la sofferenza e l’impotenza nei confronti di qualcosa più grande di noi, e agire in ciò che possiamo, e che non sarà mai poco. Insegna ad essere osservatori attenti, ad essere umili e semplici, ad accumulare meno, accontentarsi di più ed essere più essenziali. Insegna ad apprezzare ciò che si ha e poi anche ciò che si è, divini dentro, forse inespressi, ma potenzialmente divini. E che sia per la spiritualità intrisa in ogni dove? La stessa che dopo 10 giorni di permanenza lì mi da’ la nausea? Forse si.

E insegna anche a non procrastinare, perché la vita ad un certo punto finisce. Lo si percepisce molto bene, nessun prolungamento di vita, nessuna appendice che il sistema sanitario con standard europei ci assicura o dovrebbe assicurarci.
E poi c’è la parte relativa a un viaggio avventura dove automaticamente la zona di comfort svanisce nel nulla. Il continuo adattarsi. Vivere situazione più o meno al limite ci mettono di fronte a noi stessi. E così è per me in India, viene fuori ciò che sono, senza tanti filtri.

Tutto questo insieme mi piace e ricerco.
Quel profumo mi porta li, ma sono anche qui, consapevole che tutte queste emozioni vissute sono in transito, e nel lasciarle transitare mi permetto di essere ciò che sono.
Ecco cosa ha combinato il profumo di quell’incenso!
E tu, hai un profumo che scaturisce il tuo immaginario?
1 commento su “Il profumo dell’India”
La vita è collegata all’eterno
Ognuno è parte della vita
Il meraviglioso è saperla apprezzare in ogni forma
anche se non facile
Incensi e tutto si mutano nel tempo essendo frutto del presente
da lì si può dedurre la qualità dell’esistenza
Siamo venuti dal polline ,diveniamo fiori e impolliniamo il futuro
e tuo padre a Venezia lo ha fatto profondamente.
Pensieri personali